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[3-C] Il verbo leggere non ama l’imperativo

16 Gennaio 2022 - Società

  • Tratta da unsplash.com

Gli incontri di un corso per ragazzi dedicato a conoscere il linguaggio del giornalismo spesso si dimostrano significativi quando cominciano a moltiplicarsi le domande. Ad esempio, nel percorso costruito insieme dalla redazione di Comune-info e i ragazzi e le ragazze di tre terze medie della scuola Fratelli Bandiera di Roma (progetto Scappare), gli incontri si aprono con la condivisione delle notizie della settimana: nello sforzo di raccontarle non dimenticando gli elementi fondamentali di una notizia (chi, cosa, dove, quando, come) emergono spesso domande che aprono finestre sul mondo e allenano in modo imprevisto il pensiero critico. Sapere cosa accade in Kazakistan in questi giorni diventa il pretesto per Stella (3-B) per porre una domanda che spiega benissimo il ruolo e la responsabilità dei media: “Che fine ha fatto l’Afghanistan?”. La scomparsa del presidente del Parlamento Ue è invece l’occasione per ragionare sulle differenze tra potere legislativo e potere esecutivo, ma anche per chiedersi se esistono modi con i quali prendere decisioni diversi dal voto, come il metodo del consenso. Anche la notizia sul diffondersi del virus può trasformarsi, come accaduto nella 3-A, in uno zibaldone di interrogativi tutt’altro che banale: è giusto trattare cure e vaccini come i dentifrici che si comprano al supermercato? come fare per tenere le scuole aperte? vanno chiuse prima le attività commerciali o le scuole? cosa è stato fatto in questi due anni di radicalmente diverso per migliorare la scuola?

Nella stessa giornata è stato proposto di approfondire il tema della lettura, consapevoli che leggere resta il primo allenamento quotidiano per qualsiasi giornalista e, più in generale, per imparare a scrivere bene. Alcuni giovanissimi “avvocati” sono stati invitati a difendere le ragioni di due “tesi” e avviare una confronto con tutti.

La prima, nata in un contesto molto diverso dall’attuale, è del maestro di Barbiana, Lorenzo Milani e aiuta a ragionare su un concetto forse dato per scontato, quello di uguaglianza:

«L’operaio conosce 300 parole, il padrone 1.000, per questo lui è il padrone». La frase nel 1968 è anche diventata il titolo di uno spettacolo teatrale e di uno libro di Dario Fo.

La seconda è l’incipit del discorso che lo scrittore e giornalista portoghese José Saramago ha tenuto in occasione della consegna, nel 1998, del premio Nobel per la letteratura:

«L’uomo più saggio che ho conosciuto in vita mia non sapeva né leggere né scrivere… Quello che devo ai miei nonni non ha prezzo…»(lo spunto nasce da una riflessione proposta da Emilia De Rienzo, insegnante, nell’articolo “Abitiamo in una memoria”).

Il confronto si è concluso con una animata discussione proposta per ipotizzare la scrittura di una recensione del libro Come un romanzo di Daniel Pennac. In quel testo, lo scrittore e insegnante francese presenta un brillante e provocatorio manifesto, destinato prima di tutto agli adulti che vogliono far scoprire la ricchezza della lettura a ragazzi e ragazze, partendo da ciò che appassiona: “I diritti imprescrittibili del lettore” (il diritto di non leggere, di saltare le pagine, di non finire un libro, di rileggere, di leggere qualsiasi cosa, di leggere ovunque…), diritti presentati attraverso il gioco “Indovina la carta sulla fronte”. “Il verbo leggere non sopporto l’imperativo – si legge nelle prime righe del libro -, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il vervo ‘amare’… il verbo ‘sognare’…”.

Questi i commenti sui diritti del lettori individuati da Pennac.


La comicità di un chimico e il diritto di rileggere [Andrea G.]
Secondo me, tra quelli del decalogo il diritto di rileggere, sia l’intero libro sia una o più pagine di cui è composto, è uno dei più importanti. Una volta stavo leggendo un libro La versione del tardigrado improbabile, scritto da un chimico, in cui racconta, in modo comico e partendo da prima del Big bang, come, casualmente, si sia formato il nostro corpo. Se non avessi riletto molte cose non le avrei capite e oggi lo rileggerei volentieri.


Scelte personali [Eleonora F.]
Secondo me l’autore del libro “Come un romanzo”, dedicato ai diritti imprescrittibili del lettore, ha ragione: non si può imporre a una persona di fare qualcosa se non ha passione nel farla. Se mettiamo da parte per un momento il verbo leggere, ci accorgiamo che noi stiamo affrontando in questo momento una scelta importante nella nostra vita, la scelta della scuola superiore: ci sono alcune famiglie che impongono una scuola per far fare un lavoro ma senza passione. Per questo occorre essere liberi di scegliere quando, cosa e dove leggere o fare qualsiasi azione. Ai bambini e alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze, le persone adulte dicono di studiare e lo dicono per il nostro bene, ma non ci possono imporre di leggere qualcosa non inserito nel programma scolastico, anche perché ognuno ha i propri gusti ed è normali che siano scelte personali.


Un decalogo per tutti [Dylan A.]
Penso che siano diritti giusti, perché questo decalogo riguarda tutte le persone.


Ogni libro insegna a suo modo qualcosa [Emma C.]
Penso che questi diritti “imprescrittibili” facciano capire che per essere un lettore basta leggere, quando e dove se ne ha voglia. Non importa dove si legge, affinché ci intrattenga, dato che ogni libro insegna a suo modo qualcosa.


Ci sono persone che non amano leggere [Sofia M.]
Il libro di cui abbiamo discusso parla un po’ delle persone che amano leggere e immergersi nei racconti e nella storia che ogni libro contiene. Ci sono persone invece che non amano leggere perché non gli piace tenere un libro in mano o leggere in generale. Ovviamente siamo liberi di poter leggere oppure no. Secondo me questo libro può essere interessante anche per le persone che non amano leggere, perché ti fa capire che ognuno è libero di usare un libro come vuole.


Pennac ha ragione [Elizabeth R.]
Ognuno ha il diritto di leggere o di non leggere, come vuole e dove vuole. Un lettore può non finire un libro, saltare le pagine e leggere cosa vuole. Concordo con lo scrittore Daniel Pennac.


Diritti quasi ovvi [Riccardo P.]
Questo decalogo ha dei “diritti del lettore” molto scontati, quasi ovvi, perché sono cose che ogni lettore già fa, come leggere dove si vuole, decidere cosa leggere o non finire un libro…


Quando inizi a leggere un libro [Flavio]
Penso che, per chi inizia a leggere un libro, siano dei diritti importantissimi perché potresti renderti conto che potresti non finirlo o saltare diverse pagine.


La possibilità di scegliere [Martina C.]
Questi diritti del lettore sono una cosa bella perché lasciano la possibilità di scegliere al lettore. Il messaggio del libro di Pennac è avere la libertà di scegliere cosa e come leggere.


Non si può imporre la lettura [Alice B.]
Pennac ha ragione: non si può imporre la lettura, non si può fare una cosa in cui non hai talento o non sei bravo. Questo libro deve essere molto bello, vi consiglio di leggerlo.


Un bel libro [Denys]
Penso che ognuno decide se vuole leggere o no. A me piace leggere, ma non così tanto come ad altre persone, in ogni caso dobbiamo tutti imparare a leggere bene e a scrivere. Anche se ancora non ho letto il libro “Come un romanzo” di Daniel Pennac, penso sia bello.


Libri o film? [Valerio C.]
A me non piace leggere anche se i miei genitori dicono che è importante. Dicono anche che è bello leggere perché si immaginano gli avvenimenti descritti nel libro, ma sinceramente preferisco vedere un film invece di leggere un libro.


Un libro che ci colpisce [XY]
Secondo me leggere è inutile però, forse, se seguiamo le indicazioni di Daniel Pennac, ma soprattutto se leggiamo un libro che ci colpisce, potrebbe essere divertente leggere.


Se il libro non ci piace [Davide D.]
Il decalogo di Pennac invita a non leggere un libro o non finirlo quando non ci piace.


Il verbo leggere non sopporta l’imperativo [Valerio M.]
Il decalogo dimostra che ci sono dieci diritti del lettore perché secondo l’autore non bisogna imporre di leggere, infatti nelle prime righe del libro dice che il verbo leggere non sopporta l’imperativo. Secondo me ha ragione perché se tu obblighi qualcuno a leggere non lo fa con passione e quindi spesso non finisce di leggere il libro, salta le pagine e non impara niente.


Tag: 3-C, Scuola Fratelli Bandiera

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