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Scappare dai luoghi (non) Comuni

I colori scuri del 2020

31 Gennaio 2021 - News

In questa intervista ai ragazzi della III-N della scuola media Belli di Roma abbiamo ragionato del complicato anno che abbiamo alle spalle, del rapporto diverso con il quartiere, di come si potrebbe migliorare la vita a scuola, ma anche di scuola senza mura. Un buon esercizio per imparare ad ascoltare e riprendere il nostro viaggio intorno al giornalismo

Incontrare ragazze e ragazzi adolescenti dopo un anno significa ritrovare persone molto diverse già nei loro corpi e, inevitabilmente, nei loro pensieri. Incontrarli con una pandemia in corso e a scuola significa anche affrontare un contesto complicato, eppure si scopre presto come, malgrado le mascherine, gli sguardi sanno comunicare molte cose. Se poi il motivo dell’incontro è continuare a scoprire insieme alcuni aspetti del linguaggio giornalistico significa avere una straordinaria possibilità: mettere al centro temi importanti per ripensare a quanto accade a ognuno di noi e a un mondo ferito, non solo dal virus.

Siamo tornati dai ragazzi della terza N della scuola media Belli di Roma (coinvolta in un ampio progetto di “scuola aperta e partecipata”, Scappare, promosso da tre associazioni genitori, i relativi istituti scolastici – Di Donato/Manin, Fratelli Bandiera e Belli/Leopardi – e altri attori del territorio). Abbiamo ricordato quanto fatto insieme nel 2020 a scuola e poi via web (tra discussioni e giochi di ruolo su come la comunicazione è presente nella nostra vita, cos’è una notizia, quali sono i generi giornalistici…), abbiamo sbirciato tra le pagine web pubblicate (dedicate, ad esempio, ai migranti, al clima, ma anche alle esperienze di solidarietà emerse durante il lockdown…). Infine abbiamo cominciato a immaginare cosa fare nelle prossime settimane.

In realtà abbiamo prima di tutto messo in comune pensieri ed emozioni accumulati in questi mesi. Ci serviranno molto a orientare il nostro percorso in cui impariamo (insieme) facendo.

Per una volta non sono stati i ragazzi a intervistare qualcuno, ma sono stati loro a rispondere a diverse domande perché hanno cose importanti da raccontare. Ecco l’intervista collettiva: naturalmente sulle domande, sulle risposte, su questo cappello introduttivo e sul titolo torneremo a ragionarci sopra.


Il 2020 è stato segnato dalle preoccupazioni per la diffusione del coronavirus, ma anche dalla sospensione della scuola e dal ritorno a settembre in condizioni diverse. Quali emozioni hanno accompagnato maggiormente il vostro anno?

[Alessandra] Tristezza, ho sentito moltissimo la mancanza degli amici, andare in giro e mangiare con loro… In realtà anche felicità, perché sono stata in famiglia facendo tante cose che normalmente non faccio insieme ai miei familiari.

[Giovanni] Felicità, perché sono stato molto tempo con la mia famiglia e perché ho giocato con la play.

[Ludovico] Tristezza, perché sono stato troppo tempo richiuso in casa, poi felicità per le vacanze e il tempo trascorso con gli amici. Infine, di nuovo tristezza perché siamo tornati a scuola ma con le mascherine.

[Flavio]. Tristezza e molta noia.

[Simone] Nei primi mesi dell’anno felicità, anche quando siamo stati costretti a restare in casa perché a me non piace molto la scuola. Poi noia, perché avevo finito le idee su come trascorrere il tempo. A quel punto ho sentito molta solitudine.

Come è cambiato in questi ultimi mesi il vostro rapporto con la città e il quartiere in cui abitate? 

[Simone] Negli ultimi mesi il mio quartiere non ha subito molte ripercussioni o trasformazioni: difatti vivo in collina, vicino Roma, e il contagio dalle mie parti è pressoché assente, perché la densità di persone è molto bassa. I luoghi che frequento di più, come la piscina e la scuola di pianoforte, per fortuna non sono stati chiusi, quindi il mio stile di vita non è cambiato così tanto, ad eccezione dell’obbligo dell’uso della mascherina. Questo però non è accaduto per i miei genitori e per i miei fratelli che sono stati costretti a modificare, hanno rivoluzionato il loro stile di vita. Durante questi mesi di pandemia, a causa dell’assenza di visitatori ho avuto modo di apprezzare le bellezze dei monumenti di Roma. Ad esempio, un giorno sono andato con i miei genitori alla Fontana di Trevi e sono rimasto sbalordito dal fascino delle statue di marmo e dai piccoli particolari, solitamente coperti da una folla e dalla moltitudine di turisti.

[Alessandra] Il rapporto con la città è migliore, mi sento più responsabile: facendo l’indifferenziata, dividendo la plastica, sentendo le notizie negative dei vari tg. Nel parco vicino casa mia non ci va quasi nessuno, il supermercato invece è quasì sempre pieno e si creano assembramenti…

[Lodovico] Sinceramente non è cambiato quasi nulla, a parte il fatto di poter girare con i miei amici senza mascherina, guardarci in faccia: A pensarci bene era curioso, potevi vedere subito l’espressione dei miei amici, se erano contenti oppure se erano tristi. È cambiato molto perché ora è tutto più focalizzato sul mio quartiere: capisco e apprezzo l’importanza di una semplice passeggiata sotto casa, una merenda da “Alice pizza”, un pranzo in piedi con gli amici, una partita a tennis con mio padre… quello che prima era sola una parte della mia vita ne è diventato il centro. Purtroppo la chiusura di molti negozi, con le loro luci spente e le strade più buie mi fa ricordare i tempi prima del Covid-19, quando i negozi erano pieni e le strade affollate. Anche il parco, nel quale andavo raramente, ora è diventata una meta quasi fissa perché capisco l’importanza di stare all’aria aperta.

[Giovanni] In questi mesi ho imparato a riconoscere i miei vicini: soprattutto durante il lockdown è stato divertente affacciarmi e dare un volto agli abitanti degli altri appartamenti; ora so che al secondo piano del palazzo di fronte abita una famiglia con due bambini, al piano di sopra abita una schermitrice, nell’altro palazzo ci sono due signori anziani che amano prendere il sole dalla finestra… insomma, posso dire di conoscere di più il mio quartiere.

Il 2020 a quale colore vi fa pensare?

[Giovanni] Viola, la sfortuna.

[Alessandra] Nero.

[Alessio] Blu.

[Mattia] Nero.

[Ludovico] Blu chiaro.

[Mattia] Grigio.

[Flavio] Grigio

[Simone] Verde

In quale modo si potrebbe migliorare la situazione a scuola?

[Ludovico] Dividendo le classi in piccoli gruppi, rafforzando i mezzi pubblici, aumentando la temperatura dei termosifoni.

[Giovanni] Organizzando l’entrata a scuola per scaglioni, non tutti insieme alla stessa ora come facciamo ora.

[Flavio] Mettendo via le mascherine…

[Alessandra] Già, per chi ha i capelli lunghi le mascherine sono molto fastidiose.

Vi piacerebbe, in alcune giornate della settimana, fare scuola in piccoli gruppi in una piazza, in un parco, in una biblioteca, in una bottega di un artigiano, in una libreria, in una sede di qualche associazione per imparare cose diverse e in modo differente? Cosa significa per voi l’espressione “la scuola senza mura”?

[Alessandra] Si, mi piacerebbe. Sarebbe un’esperienza magnifica e molto divertente.

[Simone] Sì, mi piacerebbe molto, perché andando ogni giorno della settimana a scuola la vita diventa un po’ monotona. Inoltre credo che ogni luogo, se sfruttato nella giusta maniera, possa essere uno spazio che permetta di apprendere, in maniera diversa, divertente e originale.

La mia conclusione finale è che per imparare non bisogna essere per forza dentro una scuola.

[Lodovico] Si, mi piacerebbe molto andare a fare lezione in un parco perché è molto bello “sfruttare” la natura, e soprattutto, la natura mi dà un senso di libertà: secondo me seguirei con più entusiasmo le lezioni. Inoltre ora a scuola siamo costretti a usare la mascherina: al chiuso, senza fiato!

[Giovanni] Si, mi piacerebbe molto imparare in modo diverso; la pandemia ci ha tolto tanto e ci ha rinchiuso dentro quattro mura. Avrei invece tantissima voglia di respirare l’aria, anche se con la mascherina, e di lasciare lo sguardo vagare oltre ad uno schermo, insomma di sperimentare qualcosa di nuovo. Secondo me l’espressione “la scuola senza mura” significa fare scuola senza rimanere sempre in classe, un po’ come le gite scolastiche dove impari vivendo: ne sarei felicissimo perché lì fuori c’è tanto da scoprire.

Scegliete due tra queste parole – Libertà, Complessità, Incertezza, Futuro, Cambiamento, Responsabilità, Fragilità, Fiducia, Cura, Aiuto – che secondo voi potrebbero accompagnarvi nel nuovo anno.

[Flavio] Complessità e incertezza.

[Simone] Libertà e futuro.

[Alessandra] Cura e responsabilità.

[Giovanni] Futuro e responsabilità.

[Alessio] Responsabilità e fragilità.

[Matteo] Complessità e fiducia.

[Ludovico] Libertà e responsabilità.

[Mattia] Complessità e incertezza.

I cambiamenti climatici e la pandemia, per ragioni diverse e in modi differenti, ci costringono a ripensare molte cose della nostra vita. Cosa siete disposti a vivere in modo molto diverso?

[Lodovico] La mia vita è cambiata un po’ a causa del Covid-19, ad esempio non pratico più calcio, oramai è inutile perché non si gioca con il pallone, svolgevo solo attività singola. Inoltre non ho neanche più voglia di uscire, è inutile, i miei amici stanno con la mascherina quindi non li vedo, non vedo neanche le loro emozioni e le loro espressioni facciali.

[Giovanni] In relazione ai cambiamenti climatici penso che siano le piccole azioni quotidiane di tutti che possano apportare un durevole contributo. Sarei disposto ad utilizzare mezzi alternativi alla macchina là dove possibile, a non sprecare acqua ed elettricità, a cercare di riciclare il più possibile…

La pandemia, in linea generale, mi fa riflettere sulla tecnologia: da un lato il progresso non ci ha concesso nell’immediato di affrontare il virus in modo diverso rispetto al passato, dall’altro ci ha concesso di rimanere in contatto con chi è lontano, di studiare e lavorare a distanza. Sinceramente non so cosa mi lascerà questa pandemia e cosa sia disposto a vivere in modo diverso: per ora sono disposto a seguire le prescrizioni, a non avvicinarmi agli altri, a nascondermi dietro una mascherina, ma mi piace pensare che, anche se internet e l’iper-connessione siano ormai diventati una realtà, alla fine apprezzerò di più i rapporti personali, ma quelli veramente di persona, vedere e ricambiare un sorriso o un semplice abbraccio.

[Simone] In questo periodo di pandemia sarei disposto a vivere la scuola in modo diverso, utilizzando la Didattica a distanza, alternandola con la scuola in presenza. A mio avviso gli aspetti positivi di questa soluzione potrebbero essere per la DAD: alleggerire il peso che la scuola in presenza causa; avere più tempo libero perché non ci si deve spostare ogni giorno; minor inquinamento dovuto a minor traffico. Gli aspetti positivi invece della Scuola in presenza sono: migliore concentrazione da parte degli studenti; contatto sociale con i compagni; nessuno spreco di tempo causato dalle difficoltà di connessione.

[Alessandra] Si, sarei disposta a rinunciare a tante cose, come non andare a danza ma sempre mantenendomi in forma a casa, rinunciare a mangiare la carne perché ho sentito tante notizie negative riguardanti l’allevamento degli animali, e quanto costa al nostro pianeta.


Tag: coronavirus

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